WIN 69 - Relazione sana con se stessi per prendersi cura dell'altro

Ognuno di noi sa che, praticando watsu, ha la possibilità di vivere emozioni profonde, di esplorare bisogni, paure, desideri.  Si tratta di una esperienza importante, forte, di grande responsabilità nei propri confronti e in quelli dell’altro.

Il watsuer ha di fronte a sé un compito molto impegnativo, quello di prendersi cura di un altro essere umano, un prendersi cura che non si può limitare al ‘sapere’ o al ‘saper fare’, ma che richiede anche il ‘saper essere’, l’attenzione al  mondo emotivo e relazionale proprio e altrui.

E’ necessario sempre trovare anche il tempo per la condivisione delle emozioni emerse durante una sessione, pena il creare  nell’altro disagio, rabbia, vergogna, nuove ferite, la sensazione di non essere stati rispettati sul piano emotivo.

Non basta avere competenze tecniche, è necessario  avere consapevolezza anche dei propri vissuti e dei propri ‘fantasmi’ (di colpa, di inadeguatezza, di riparazione, di onnipotenza, di impotenza, ecc).

In pratica, è necessario prendersi prima di tutto cura di sé sul piano fisico, psicologico e spirituale. L’empatia, l’autenticità, la consapevolezza non sono un dato acquisito, sono una continua conquista entro un processo di trasformazione che dura tutta la vita. Non è scontato esserci per se stessi e per l’altro, saper ascoltare, accettare, accogliere, non giudicare. Prendersi cura di sé significa anche contattare le proprie ferite, i propri bisogni non soddisfatti, le proprie paure.

Dal mio punto di vista prendersi cura di sé significa accedere a vissuti spesso relegati nella colpa e nella vergogna in modo da affrontarli, trasformarli e integrarli, significa riconoscere il proprio bisogno di essere amati, sostenuti, non abbandonati, non criticati. Se non contattiamo queste parti del nostro essere, se non riusciamo a riconoscerci un diritto, un merito, un desiderio, difficilmente saremo in grado di sostenere un altro essere umano, di stare con lui, con le sue emozioni, con i suoi silenzi, con i suoi vuoti, con le sue paure, con la sua rabbia, con il suo dolore e con il suo piacere.

Prendersi cura di sé ci rende capaci di presenza e di testimonianza, di incoraggiamento e di rispecchiamento. Prendersi cura di sé ci rende capaci di sostenere, far sentire l’altro al sicuro, permettergli di vivere le esperienze riparative che l’acqua offre senza creare ostacoli o procurare nuove ferite.

E infine, cosa che vale per ogni processo di cura, accogliendo l’altro ci prendiamo cura anche di noi, cicatrizziamo le nostre ferite, nutriamo antichi vuoti affettivi, impariamo a dare e a ricevere. 

Autore: Fulvio Zanella

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